contributo di Antonello Calvaruso Presidente Nazionale AIF
Siamo pressati da un’esigenza crescente di formazione nuova, libera dai vincoli indotti dalla metodologia di moda e dall’inetto uso delle tecnologiche. Liberata anche dalle spire della fretta di cambiamento e di trasformazione necessaria, che generano l’angoscia della professionalizzazione, a prescindere dal senso e dal contesto in cui si realizza la persona.
Discutere di liberazione, di diritto alla destabilizzazione e di capacità creativa rappresenta forse il primo passo per progettare una formazione in grado di aprire al futuro, di aiutare la persona a porsi di fronte alla storia con la libertà di rifiutare, di re-inventare e ricostruire il mondo in cui vive, sapendo che non è l’unico mondo possibile.
Una formazione liberata può far comprendere meglio che la società è il luogo dove si esercita il diritto di esserci, rappresentarsi ed esprimersi. Che la società è un prodotto della creazione umana. Non è espressione di un fondamentale ordine naturale, ma un concepimento dell’uomo per l’uomo, modificabile a proprio piacimento.
La formazione inefficace, sterile, maltrattata e malvista deve liberarsi dalla paura di mostrare i suoi limiti, le sue responsabilità di fronte al mancato cambiamento delle persone, delle organizzazioni e del mondo. Deve definire il perimetro della sua azione, l’ambito di applicazione in cui può apportare significativi contributi alla creazione del futuro.
Una formazione liberata sarà capace di far comprendere che il contesto formativo non può da solo azzerare le routine formate della quotidianità. Può solo svolgere il fondamentale compito di aiutare la persona a identificare e agire, all’interno delle leggi generali che governano ogni modello, i propri spazi di azione, realizzazione e libertà.
Per liberare la formazione dobbiamo, infine, sviluppare una forte consapevolezza di ruolo. L’autorevolezza di chi dimostra che a volte la risoluzione dei problemi richiede la messa in dubbio dell’ossatura indiscussa dell’equilibrio d’interessi dati. Operando sotto l’influenza dello spirito incantatore dalla falsa necessità si perde di vista il potere rivoluzionario di un apprendimento basato sulle infinite possibilità.
L’aggravarsi, nei nostri tempi, dei motivi d’insoddisfazione, di paralisi e di conflitto può aiutare la formazione di nuovi ambienti di apprendimento in cui l’esigenza di certezza del lavoro possa essere sostituita con l’accrescimento delle potenzialità del cittadino, allargando il senso collettivo del possibile a supporto di una visione del cambiamento e dei modi di associarsi tra persone.
Solo una formazione liberata può trasformare l’indefinito, questo comune denominatore dei nostri tempi, da segno di una confusione paralizzante a potente voce dell’opportunità di trasformazione della vita sociale.