contributo di Bice Dellarciprete
Non sono certa del motivo per cui scegliemmo quel titolo per il nostro libro [ndr: Ti sembra facile. Il BPM e il workflow della biancheria domestica]. Una delle ragioni per cui oggi mi sembra appropriato è che quel ‘progetto senza obiettivi’ filava liscio, come stesse attingendo a misteriose risorse, in ciascuno di noi. Come fosse facile, comunicare. Come fosse evidente, a ciascuno, il suo ruolo. Come ci fosse tempo per fare tutto, con cura.
Ci ho pensato molto, in questi anni.
Tutto invecchia in fretta, nel mio lavoro: idee, strumenti, prodotti, conoscenze. Anche le persone, rischiano un po’. Quel libro, il suo perché e la sua storia, restano il mio ferro del mestiere, sempre (più) attuale.
Una chiave a stella.
Qui una cosa che scrissi quando stavamo per spedire la prima bozza del nostro libro all’editore:
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Ebbene si, ci siamo divertiti.
Il libro è stato una novità, un’alternativa: di-vertimento, appunto.
Palla al balzo, giocare, chi c’è c’è.
E qualcuno c’è stato, nonostante il da fare, il tempo che manca, la difficoltà di raccontare, il pudore di raccontarsi. Nonostante regole del gioco non consuete e non evidenti. Nonostante molti Autori non avessero mai lavorato/giocato insieme, provenissero da sedi diverse, da storie diversissime.
Il libro è nato da più di un nonostante.
Nel gioco è spesso così. Il nonostante, anzi, è un vero catalizzatore: divieto, difficoltà, segreto, paura, costrizione… condizioni ideali per spassarsela veramente. Si dice anche “evasione”, no?
Sia chiaro: non stiamo affatto parlando di fuga da un lavoro orrendo (di questo dopo) o di attriti con persone avversi all’iniziativa-libro. Gli ostacoli da superare erano nei limiti che noi avevamo deciso di porre alla nostra capacità di esprimerci, di gestire il nostro tempo e le relazioni con i colleghi.
Molti nonostante, giocando, si sono trasformati in facciamo che.
Facciamo che ho qualcosa da dire, facciamo che so esprimerla scrivendo, facciamo che mi interessa farla leggere, facciamo che ho fiducia in qualcuno.
Questo ci ha portato alla sorpresa del tant’è: riconoscere qualcosa di se e degli altri Autori (e magari di tutto il gruppo degli Autori) nelle cose scritte. Beh, potevano essere più belle, più numerose, più serie, più leggere … ma è quello che abbiamo scritto, di tanto siamo stati capaci: tant’è.
E’ successa un’altra cosa, infine, che merita di essere raccontata.
Posso giocare anch’io?
Sono arrivati nuovi giocatori. Chi era già dentro non ha fatto niente di speciale per convincerli. Vedere qualcuno che si diverte fa venire voglia di entrare nel giro (atteggiamenti alla Tom che dipinge la palizzata? no, non c’è stato bisogno neanche questo).
Viene da chiedersi se anche un lavoro noioso, che non soddisfa le nostre aspettative, o afflitto da relazioni tese e deprimenti possa essere un ostacolo da saltare ogni giorno, più volte al giorno, per andare oltre. Cercando il gioco, la carica, l’interesse nelle pieghe delle cose che facciamo, o a margine, o del tutto altrove. Per ritrovarsi – magari – dopo qualche tempo a rivalutare un periodo di emarginazione dal lavoro in cui abbiamo avuto l’occasione di studiare. A ringraziare chi ci ha fatto veramente arrabbiare. Ovvio che è dura, ma l’alternativa quale è?
Beh, ci sono anche alcuni, pochi, fortunatissimi, che si divertono lavorando. A qualcuno di noi è successo, a volte. Indimenticabile: si mobilitano forze ed idee, si dilata il tempo, si aggiungono tasche alla giornata. Viene voglia di riuscire a giocare ancora. Nonostante.